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Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Calabria

Requisiti strutturali delle sedi d'archivio

1 – DOVERI DI CONSERVAZIONE E ALLESTIMENTO DI SEDI ARCHIVISTICHE

Secondo la legislazione vigente (D.Lgs. 42/2004) gli archivi e i documenti degli enti pubblici, nonché gli archivi e documenti appartenenti a privati che siano stati dichiarati di interesse storico, sono beni culturali (indipendentemente dalla loro età, tipologia o contenuto) e appartengono al Patrimonio culturale nazionale. La stessa normativa impone ai possessori o detentori di beni culturali di garantire la loro tutela, buona conservazione e sicurezza, evitando ogni situazione di rischio.

Uno dei migliori sistemi per garantire la tutela e sicurezza degli archivi è conservarli in locali sani, puliti, dotati di caratteristiche, apparati ed impianti che possano ridurre al minimo l’incidenza dei fattori di degrado o danno per i documenti. L’allestimento di sedi di conservazione adeguate, ovvero l’adeguamento di sedi esistenti, rappresentano per un ente pubblico o per un privato possessore di archivio, la prima e fondamentale azione da compiere per assolvere ai propri doveri di tutela attiva. Al contrario, la collocazione dei documenti in locali malsani e inadatti (cantine, sottotetti ecc.), oppure il mancato adeguamento di locali di conservazione già esistenti, costituiscono una grave violazione della legge.

La Soprintendenza Archivistica, quale organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esercita la vigilanza sulla buona conservazione e la sicurezza degli archivi e dei singoli documenti: essa ha perciò il compito di controllare le sedi in cui gli archivi sono conservati e, ove si accertino situazioni di pericolo o di potenziale rischio per i beni, prescrivere i necessari adeguamenti.

2 – PROGETTAZIONE

L’ente che intende realizzare una nuova sede archivistica o ristrutturare locali già esistenti deve dunque inviare alla Soprintendenza copia del progetto preliminare, corredato di elaborati grafici, con particolare attenzione nel fornire i dati relativi alla portata dei piani orizzontali, alle caratteristiche degli impianti, ai parametri igro-climatici previsti, ai sistemi di sicurezza (antintrusione, prevenzione e rilevazione incendi, protezione e deflusso delle acque ecc.). Sono oggetto della valutazione della Soprintendenza anche le scaffalature, gli arredi e tutte quelle attrezzature non strutturali che siano in qualche modo pertinenti alla conservazione del materiale archivistico.

La Soprintendenza concorderà con l’ente un sopralluogo dei locali e prescriverà eventuali modifiche al progetto. Le prescrizioni devono essere recepite nel progetto esecutivo, sul quale la Soprintendenza esprime un parere preventivo.

L’autorizzazione definitiva allo spostamento di documenti nelle nuove sedi viene rilasciata in seguito a sopralluogo di verifica, effettuato a lavori conclusi.

Al fine di facilitare la progettazione o l’adeguamento di sedi archivistiche, si elencano qui di seguito alcuni requisiti strutturali essenziali, necessari per ottenere una valutazione di idoneità dei locali. A tali requisiti minimi potranno naturalmente essere aggiunte ulteriori prescrizioni, valutate caso per caso, a seconda delle diverse situazioni edilizie e delle tipologie di materiale archivistico da conservare.

3 – UBICAZIONE

Una sede di conservazione archivistica deve innanzitutto essere collocata in un’area priva di rischi. Sono pertanto da evitare collocazioni insistenti o prossime ad aree di esondazione, fiumi, torrenti, canali, frane. Ugualmente da evitare sono collocazioni prossime a sedi industriali o manifatturiere potenzialmente pericolose (centrali elettriche, raffinerie, industrie chimiche) o a magazzini e depositi in cui sia conservato materiale pericoloso (autorimesse, depositi di detersivi e sostanze infiammabili, depositi di materiale plastico ecc.).

Alcuni locali, quali le cantine, i locali interrati o i sottotetti sono inadatti per loro stessa natura, poiché inevitabilmente esposti a rischi di allagamento o a instabili condizioni di umidità e temperatura, con grandi variazioni stagionali. Nei casi in cui sia assolutamente impossibile rinunciare a questi tipi di locale quali sedi di conservazione, sarà allora necessario adottare tutte le precauzioni e gli accorgimenti strutturali necessari a scongiurare i relativi rischi (vedi i paragrafi successivi).

4 – DIMENSIONI E PORTATA

Innanzitutto, è necessario essere certi che i locali da destinare a deposito siano in grado di contenere tutta la documentazione che vi si vuole conservare. Bisogna quindi calcolare lo sviluppo, in metri lineari (m.l.) dell’archivio, cioè quanti metri di ripiani (palchetti) occupano i documenti, chiusi dentro i loro faldoni o contenitori e collocati in fila.

Per facilitare il calcolo, è necessario considerare che:

  • un metro cubo di documenti (nel caso di carte accatastate) si sviluppa in circa 12 m.l. di ripiani occupati.
  • gli scaffali tradizionali con ripiani bifacciali occupano circa 70-80 cm in larghezza, per un’altezza di circa 210-240 cm (5 o 6 ripiani), e necessitano di almeno 90 cm di corridoio tra uno scaffale e l’altro (per locali aperti al pubblico almeno 120 cm). Ogni 10-12 m.l. di archivio è dunque necessario disporre di almeno 1,7 metri quadrati di superficie; al computo dovranno poi essere aggiunti gli spazi tecnici per l’accesso e l’uscita dai locali, la movimentazione dei carrelli, le attività connesse alla conservazione (+ 15% circa). Ad esempio, per un archivio di circa 100 m.l. è necessario disporre di un locale di almeno 20 m2.
  • gli scaffali compattabili mobili, montati su rotaie o guide di scorrimento, permettono quasi di raddoppiare la capienza, quindi per 10-12 m.l. di archivio sarà sufficiente disporre di 1 metro quadrato di superficie, ai quali si dovrà aggiungere lo spazio per la movimentazione. In questo caso è tuttavia necessario disporre di un fondo pavimentale più resistente e perfettamente in piano; saranno inoltre più elevati i costi di acquisto e manutenzione delle scaffalature.

In secondo luogo è necessario che i piani orizzontali su cui poggia l’archivio abbiano idonea portata, cioè riescano a sopportare l’ingente peso del materiale cartaceo. La portata delle volte e delle solette deve pertanto essere certificata da un tecnico abilitato.

Si consideri che un metro lineare di documentazione pesa in media 60 kg. (il peso effettivo varia a seconda del tipo di carta e può andare da 35 a 80 kg/m.l.); si può dunque calcolare che uno scaffale tradizionale bifacciale da 1 m.l. di lunghezza con 6 palchetti contenga circa 700 kg. di carta, ai quali va aggiunto il peso dello scaffale.

Gli scaffali compattabili hanno solitamente un peso superiore a quello di uno scaffale tradizionale; è inoltre ovvio che, a parità di superficie occupata, il peso della documentazione sarà più che raddoppiato.

La portata necessaria per il piano orizzontale andrà calcolata, caso per caso, tenendo conto di questi parametri. Realisticamente, il piano per un archivio con scaffali tradizionali non potrà avere portata inferiore a 600 kg/m2, mentre con scaffali compattabili non potrà avere portata inferiore ai 1300 kg/m2.

5 – PARETI, PAVIMENTI E SOFFITTI

Pareti, pavimenti e soffitti devono essere tali da consentire la massima pulizia del locale ed impedire la proliferazione di parassiti o muffe, nonché scongiurare rischi d’incendio.

Sono pertanto non idonei:

  • Pavimenti in terra battuta
  • Pavimenti piastrellati in cattivo stato di conservazione
  • Pavimenti in cotto poroso o in cemento non verniciato
  • Pavimenti in legno. Nel caso siano insostituibili, trattarli con apposite vernici antiparassitarie e ignifughe
  • Pareti o soffitti in mattoni a vista, in pietra, con intonaci fatiscenti
  • Pareti o soffitti in cemento che presentino buchi, microfori, fessure tra i blocchi
  • Pareti o soffitti in legno o perlinati
  • Tappezzerie, moquettes, carte da parati, arazzi e tappeti
  • Controsoffitti e intercapedini. Nei casi in cui sia assolutamente necessario, sono ammessi i rivestimenti di pareti e soffitti con pannelli di materiali REI, purché in aderenza con la parete stessa, in moda da evitare la creazione di intercapedini. Sono inoltre ammesse intercapedini murarie esterne alla struttura, finalizzate ad arieggiare le pareti contro-terra o all’intercettazione delle acque meteoriche.

6 – UMIDITA’, TEMPERATURA E LUCE

Ampie o brusche variazioni dell’umidità o della temperatura dei locali di conservazione sono particolarmente pericolose per la documentazione, poiché danneggiano le fibre della carta o della pergamena e nel contempo favoriscono lo sviluppo e la proliferazione di muffe. I parametri ambientali di umidità e temperatura andranno dunque sempre monitorati, per mezzo di termo-igrometri stabilmente posizionati nei locali, e, se necessario, tenuti sotto controllo tramite condizionatori e deumidificatori.

I valori indicativi, ottimali per la conservazione di materiale cartaceo, sono di circa 15-18 gradi centigradi di temperatura e 50-60% di umidità relativa.

Poiché mantenere sempre stabili tali valori può risultare oneroso, sarà importante scegliere una sede di conservazione archivistica naturalmente dotata di buona inerzia termica, ben riparata dai raggi solari e priva di infiltrazioni d’acqua o umidità di risalita.

Anche in assenza di variazioni termiche, l’eccessiva esposizione al sole e alla luce in genere è di per sé un importante fattore di degrado dei documenti d’archivio, poiché i raggi luminosi provocano rapide ed irreversibili modificazioni chimiche e cromatiche della carta, degli inchiostri e delle superfici colorate (mappe, disegni, copertine). Sarebbe dunque opportuno mantenere i depositi al buio o comunque non superare un’illuminazione normale di 50 lux (fatti naturalmente salvi i brevi periodi di presenza degli addetti per le operazioni di movimentazione del materiale).

Risultano pertanto solitamente non idonei:

  • Edifici prefabbricati
  • Capannoni, rimesse, locali industriali non adeguatamente coibentati
  • Locali dotati di grandi vetrate, aperture e finestre, sia per l’ingente dispersione termica, sia per l’irradiazione luminosa (raggi UV e IR).
  • Sottotetti e soffitte non adeguatamente coibentati e climatizzati.
  • Cantine e locali interrati o seminterrati, che potrebbero possedere una buona inerzia termica ma, come abbiamo detto, sono normalmente troppo umidi ed esposti al rischio di allagamenti.

Qualora un archivio sia già conservato in locali umidi o soggetti ad allagamenti e non siano disponibili sedi di conservazione alternative, sarà necessario adottare le seguenti contromisure:

  • Impianti di deumidificazione e condizionamento (UTA)
  • Vespaio sotto il pavimento
  • Sistemi elettrici di inversione del campo magnetico delle murature (contrasto dell’umidità per risalita)
  • Pozzetti e pompe ad immersione con galleggiante ad innesco automatico
  • Allarmi di allagamento
  • Per le pareti contro-terra, intercapedini perimetrali di areazione e intercettazione delle acque meteoriche

E’ inoltre fondamentale che i locali di conservazione archivistica permettano un adeguato ricambio d’aria, naturale o forzato, al fine di evitare il ristagno di sostanze potenzialmente nocive e la formazione di un microclima favorevole alle muffe e ai parassiti (per gli edifici sottoposti a tutela, si veda quanto prescritto dal D.P.R. 418/1995, art. 5, c. 4). Se il ricambio d’aria viene attuato tramite la periodica e momentanea apertura di finestre, allora tali finestre dovranno essere dotate di zanzariere o griglie di protezione che impediscano l’accesso agli insetti e ai volatili.

Naturalmente i ricambi d’aria andranno programmati e controllati in modo da non determinare eccessive e repentine variazioni dei valori di umidità e temperatura.

7 – SISTEMI ANTIFURTO

I locali d’archivio devono garantire la massima sicurezza dei documenti contro i furti, gli atti vandalici o le intrusioni indebite; sarà pertanto necessario che siano presenti le seguenti dotazioni di sicurezza:

  • Porte e serramenti in buone condizioni, con serrature di sicurezza in grado di resistere a tentativi di effrazione o sfondamento.
  • Vetri antisfondamento o inferriate alle finestre.
  • Sistemi di allarme antifurto (perimetrali o volumetrici), costantemente in funzione e collegati a centrali di controllo presidiate (forze dell’ordine, vigilanza privata, alloggio dei custodi…).

Sono molto utili anche telecamere per il controllo e la registrazione video degli accessi.

Oltre a tali accorgimenti, il miglior sistema antifurto rimane comunque una prassi di gestione che riservi l’accesso ai depositi e il contatto con il materiale archivistico al solo personale incaricato. Saranno pertanto non idonei i locali con funzioni promiscue, dove la conservazione dei documenti sia associata ad altre attività pubbliche (teatro, sala conferenze, sala di studio, biblioteca a scaffale aperto, sala del Consiglio Comunale…). In casi eccezionali la molteplicità di funzioni del locale può essere tollerata, qualora la sicurezza dei documenti sia garantita dalla loro conservazione in armadi chiusi e dotati di serrature di sicurezza.

Pertanto, l’ambiente dedicato alla consultazione dei documenti, dovrà sempre essere separato dall’ambiente destinato alla conservazione ed entrambi i locali dovranno consentire un agevole controllo da parte del personale incaricato della vigilanza.

8 – SISTEMI ANTINCENDIO

E’ facile intuire come un incendio in un archivio, benché raro, sia un pericolo reale e, qualora si concretizzi, irrimediabilmente devastante. L’elevato potenziale termico (carico d’incendio) del materiale archivistico (soprattutto carta e cartone) costituisce un grave rischio sia per le persone sia per le strutture edilizie coinvolte; la valutazione di tali rischi è compito del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, al quale spetta anche prescrivere l’adozione delle relative contromisure di protezione attiva e passiva.

Per le strutture da adibire a deposito archivistico sarà dunque necessario ottenere (o aggiornare) il certificato di prevenzione incendi (CPI) da parte del competente comando dei Vigili del Fuoco.

L’attuale normativa (D.P.R. n. 151 del 01/08/2011) prevede che il CPI sia obbligatorio per i depositi che conservano quantità di carta superiore ai 5000 kg. (pari a circa 83 m.l. di documenti), nonché per tutti gli immobili sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e destinati a contenere biblioteche o archivi; tuttavia, in particolari situazioni di rischio, la Soprintendenza può richiedere il CPI anche per quantità inferiori di materiale archivistico.

Si deve inoltre ricordare che per gli edifici pubblici o privati sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. 42/2004 e destinati a contenere biblioteche o archivi vigono norme di sicurezza antincendio particolari, indicate nel D.P.R. 30/6/1995, n. 418.

In aggiunta alle nome di legge e alle prescrizioni dei Vigili del Fuoco, la Soprintendenza può indicare particolari caratteristiche, dispositivi o accorgimenti, finalizzati a limitare il rischio specifico di incendio e perdita del materiale archivistico conservato nei depositi.

In genere, per diminuire il rischio di innesco e propagazione di un incendio, è vietato:

  • Adibire i locali di conservazione archivistica ad altri usi potenzialmente pericolosi. In particolare, è vietato conservare insieme ai documenti sostanze chimiche o materiali infiammabili (carburanti, detersivi, cancelleria, materie plastiche…)
  • Tenere e usare nei depositi di archivio elettrodomestici, apparati pericolosi o fiamme libere (fotocopiatrici, stufe elettriche o a fiamma, fornelli…)

Nel caso di un’ingente quantità di materiale documentario, si deve evitare di concentrarlo in un unico locale; è invece consigliabile suddividere il rischio, distribuendo i documenti in depositi diversi, oppure compartimentando i grandi depositi.

E’ inoltre necessario che i depositi d’archivio siano dotati dei seguenti sistemi di protezione:

  • Dispositivi di separazione e compartimentazione (pareti, porte, infissi), in grado di evitare la propagazione dell’incendio per un periodo di tempo sufficiente all’estinzione (comunque non inferiore a REI 120).
  • Dispositivi di rilevazione incendi (fumo e calore), collegati a centrali di controllo presidiate (forze dell’ordine, vigilanza privata, alloggio dei custodi…) in grado di garantire una reazione entro pochi minuti dall’allarme.
  • Dispositivi di estinzione manuale (estintori a parete o carrellati), in quantità commisurata al carico d’incendio esistente. Benché di minor efficacia, sono da preferire gli estintori a polvere, poiché gli estinguenti a schiuma o CO2 possono provocare gravi danni al materiale cartaceo. Ugualmente pericolosi possono rivelarsi i normali idranti ad acqua.

Nel caso di depositi che conservino materiale di grande pregio storico e culturale, ovvero di depositi in cui la quantità di materiale cartaceo sia superiore a 420 kg/m2 (calcolando 60 kg. per ogni m.l.), è necessario un sistema automatico di estinzione. Nel caso in cui anche l’edificio sia sottoposto a tutela ai sensi del D.Lgs. 42/2004, il sistema automatico di estinzione è necessario se il carico d’incendio relativo agli arredi e al materiale depositato supera 50 kg/m2 (D.P.R. 418/1995, art. 5).

La scelta del sistema di estinzione più adatto varia a seconda dei casi: sono teoricamente ammessi sistemi con sprinkler ad acqua, sia con elementi termosensibili a bulbo di vetro, sia a secco, direttamente connessi al sistema di rilevazione incendi. Assai più sicuro ed efficace risulta il sistema a gas estinguente, benché di più difficile e costosa realizzazione e manutenzione; sono comunque da preferire sistemi a gas inerti, con basso impatto sulla salute delle persone in caso di esposizione o inalazione (miscele di argon e azoto).

Attualmente, il miglior rapporto tra costi, efficacia estinguente e rischio per il materiale cartaceo sembra si possano ottenere con il sistema a sprinkler a nebulizzazione d’acqua (water mist).

Assolutamente da evitare sono i sistemi e gli estinguenti a base di idrocarbonato di potassio o simili (idrocarbonato d’ammonio, potassio nitrato, potassio cianato), molto dannosi per la carta e le pergamene, nonché pericolosi per le persone.

9 – ARREDI E APPARATI

Se possibile, gli arredi e le scaffalature dei locali d’archivio devono essere progettati appositamente per la loro funzione e tenendo conto delle caratteristiche dell’edificio in cui sono collocati, in modo da avere caratteristiche strutturali ottimali e al fine di sfruttare nel modo migliore lo spazio disponibile. Sono quindi preferibili scaffali con ripiani mobili, che permettono di adattare la distanza fra i palchetti alle dimensioni dei contenitori d’archivio.

Sono sempre da preferire scaffali o armadi metallici, purché privi di superfici taglienti, sporgenze, viti o bulloni che potrebbero danneggiare il materiale archivistico; per evitare la formazione di ruggine che può macchiare i documenti, gli scaffali metallici devono essere verniciati a caldo o zincati.

Scaffali o arredi lignei aumentano il carico d’incendio e favoriscono la proliferazione di muffe e parassiti; può tuttavia essere autorizzato il riutilizzo di arredi lignei già esistenti, qualora siano di grande pregio storico o artistico, purché trattati con vernici ignifughe e antiparassitarie.

Fondamentale è la portata dei singoli ripiani (palchetti) sui quali si appoggiano i documenti: come si è detto, deve essere garantita una portata di almeno 60 kg/m, quindi sono preferibili palchetti con nervature di rinforzo e di lunghezza non superiore al metro.

Il ripiano più basso deve sempre essere montato a non meno di 15 cm. dal terreno, onde limitare i danni connessi a possibili allagamenti. Naturalmente tutti gli scaffali devono essere opportunamente fissati al terreno, alle pareti o controventati, onde scongiurare i rischi di cadute e ribaltamenti. Per evitare le cadute laterali del materiale sono altresì preferibili scaffali con spallette laterali piene o con reggilibri laterali.

Gli scaffali addossati alle pareti devono essere dotati di schienali per proteggere il materiale cartaceo dall’umidità di risalita.

Gli scaffali non devono mai essere collocati sotto tubature a vista (acqua, scarichi, riscaldamento); sarà altrimenti necessario dotare tali tubature di grondaie di protezione. Ugualmente inopportuno è collocare gli scaffali sotto finestre o bocche di lupo, naturalmente soggette ad infiltrazioni di acque meteoriche.

In locali non accessibili al pubblico, sono ammessi scaffali aperti, purché in associazione con contenitori (faldoni e scatole) chiusi, in modo da impedire che i documenti si impolverino. Con armadi chiusi è invece possibile usare faldoni aperti; in tal caso gli armadi dovranno però consentire un minimo ricambio d’aria interno, con fessure o piccole aperture laterali, per evitare la formazione di un microclima dannoso.

Si sconsiglia l’uso di armadi con porte scorrevoli, che rischiano di provocare danni a contenitori e documenti sporgenti e sono inoltre soggetti all’inceppamento dell’anta.

Se la disponibilità di spazio lo consente, è consigliabile un’altezza massima degli scaffali non superiore ai 215 cm., che permetta di prelevare il materiale senza l’ausilio di scale. Per altezze superiori sarà invece necessario l’uso di scale mobili dotate delle caratteristiche minime di sicurezza.

Per documentazione con formati particolari, mappe, disegni è necessario predisporre contenitori appositi e scaffali o cassettiere orizzontali di misure adatte a contenerli.

Possono essere utili, anche se non sempre efficaci, apparati automatici di allontanamento degli insetti o parassiti (compresi i topi), basati su ultrasuoni.

G.B., 2011

Il documento è disponibile anche in PDF.



Ultimo aggiornamento: 08/07/2024